luca boschi

Paperino e la paperinità, un saggio inedito di Luca Boschi

18 Gennaio 2025

Pubblichiamo in questa pagina un saggio inedito dal titolo “Sessant’anni di paperinità”, scritto da Luca Boschi in occasione della rassegna “Paperino e la Paperinità” da noi organizzata nel 1994 per celebrare il sessantesimo compleanno di Donald Duck.
Luca Boschi, scomparso nel 2022, è stato scrittore, giornalista, saggista, sceneggiatore, critico ma soprattutto, noi appassionati, lo ricordiamo come uno dei massimi esperti italiani di fumetto e di fumetto Disney nella fattispecie.
Buona lettura.
luca boschi

Sessant’anni di Paperinità

Siamo tutti troppo giovani per sapere se, fra le pieghe del vaudeville americano, esistessero già degli sketeches umoristico-musicali dove il fantasista si esibiva nel suo numero di bravura e il comico di turno lo interrompeva a sproposito, dissolvendo la magia creata da quella sublime espressione dell’arte suscitando l’ilarità della platea.
Anche se non ci sono rimasti documenti precisi su quella remota epoca pre-cinematografica, presumiamo che qualcosa di simile, per deduzione, debba essere accaduto. In fondo la ccopia formata da un personaggio serio, riflessivo, razionale, (che incarna la banalizzazione del nostro vigile superio) e da uno sgangherato comprimario pasticcione, stonato ma dall’animo leggero (le pulsioni nascoste che tentiamo di tenere imbrigliate con fatica a sofferenza) è un topos dell’intrattenimento di tutti i tempi; basti pensare a cosa hanno fatto anche in terra italica negli ultimi anni i vari fratelli Santonastaso, Ric e Gian, Cochi e Renato o Teocoli e Boldi.

Presumiamo che questi misteriosi sketches a cavallo del secolo scorso e di quello adesso ai suoi sgoccioli, siano responsabili della presenza di qualcosa di simile nella cinematografia comica meno slapstick, dove l’umorismo di parola (o comunque sonoro)ha preso il posto delle gag violente e un po’ surreali dei cortometraggi alla Mack Sennet, per fare solo il nome più caratterizzante di quel filone ilare e indimenticato. Poi, quando gli shorts animati hanno soppiantato senza possibilità di marcia indietro le comiche con attori in carne ed ossa, temi e situazioni del vecchio teatro di intrattenimento americano sono stati ampiamente rivisitati, con risultati divertenti ed effetti esageratissimi che sarebbero stati impensabili in film dal vero, anche facendo sfoggio degli effetti più speciali consentiti dalla tecnica di postproduzione.

Paperino nei cartoon

Così, nel primo film a colori di Mickey Mouse, quel the Band Concert che il maestro Toscanini amò moltissimo, Topolino si cimentava nel ruolo di un direttore d’orchestra, buffo, un po’ goffo, ma senz’altro molto compreso nella sua attività. Ad attrarre l’attenzione degli spettatori era però, come da copione, lo scocciatore di turno investito del compito di far sganasciare la platea dalle risate. Il suo nome era Donald Fauntleroy Duck, in una versione di una favola abbastanza nota: La gallinella saggia.
Ancora in versione rudimentale, con becco e collo lungo, braccia assai simili ad ali e ginocchia assai evidenziate, il ribaldo Paperino per tutta la durata del concerto diretto da Topolino si dava da fare per imporre la propria volontà, e suonare con flauti apparsi magicamente dal nulla, un motivetto ritmato (Turkey in the Straw) le cui note si sovrapponevano a quella della Ouverture del Guglielmo Tell di Rossini interpretata dal resto della banda.

E’ stato spiegato più volte come con quel cortometraggio diretto da Wilfred Jackson, distribuito nella sale nel 1935, Topolino avesse definitivamente abdicato in favore del Papero. Da protagonista accattivante, ribelle e un po’ fuori dalle righe com’era ai suoi esordi, Topolino si stava trasformando con tempi acceleratissimi nel testimonial della Disney, cui non potevano più essere concesse trasgressioni eccessive.
Il giovane Paperino, invece, non portava sulle sue spalle piumate il peso di una tale responsabilità. Gli animatori avevano il campo più libero nel fargli interpretare, senza doversi autocensurare, anche i ruoli più sconvenienti.
Donald Duck avrebbe potuto perdere ogni competizione ed essere sconfitto in amore; sarebbe stato beffato da qualsiasi genere di animale (per definizione meno intelligente di un papero controfigura di noi umani), sia grande come un elefante o piccolo come un’ape; si sarebbe persino spinto senza problemi a compiere gesti abietti come il furto dei pochi risparmi di Qui, Quo, Qu, religiosamente raggranellati nella pancia di un porcellino di coccio.
paperino nei cartoni animati

Nascita di una stella

Per tutto il periodo della seconda guerra mondiale è Paperino il personaggio più amato della Disney, quello in cui gli spettatori di ogni età si riconoscono, quello che Walt Disney offre al governo americano per fargli interpretare dei film di propaganda bellica definendolo il Clark Gable del suo studio, quello che più di ogni altro fa da mascotte ai soldati statunitensi, comparendo nelle War Insignia applicate su velivoli e automezzi.
In una particolare interpretazione, nel film del 1943 Der Fuehrer Face, con la regia di Jack Kinney (foto in basso), Paperino si dimostra più patriottico che mai, quando si risveglia dall’incubo che lo aveva trasportato in una fabbrica nazista addetta a produrre ordigni da guerra. “Sono contento di essere cittadini degli Stati Uniti d’America!”, afferma stringendosi ad un soprammobile raffigurante la statua della Libertà. E guadagna l’unico Oscar della sua onorata e stralunga carriera.
jack kinney
Fantozziano ante litteram, Paperino si comporta bene anche nei fumetti. Comparso sui supplementi dei quotidiani il 16 settembre 1934 al fianco di Meo Porcello, suo partner ne la gallinella saggia, Donald Duck acquista una propria striscia personale, scritta per lo più da Bob Karp e disegnata da Al Taliaferro a partire dal 7 gennaio 1938, dopo essere apparso in alcune avventure memorabili con Topolino, incontrato per la prima volta nelle vignette il 10 febbraio 1935, in una tavola domenicale a colori dove tenta di soffiare ad un ragazzino il suo cagnetto pezzato.
Poi viene la grande epopea dei comic book, nasce il mito di Carl Barks che crea intorno al papero una famiglia composita fra cui spiccano Gastone, Paperon de’ Paperoni, Archimede Pitagorico, la fattucchiera Amelia…Barks gli costruisce intorno anche una città, Duckburg, Paperopoli, destinata a trasformarsi con gli anni in uno dei tanti capoluoghi americani che subiscono il trauama dell’industrializzazione. La capsula di Paperino, circondata da una palizzata sita nei sobborghi di Paperopoli, diviene un retaggio del passato senza ritorno, mentre svettano – parallelepipedi minacciosi di cemento e vetri impenetrabili – i grattacieli nel centro della città, non lontani dalle ciminiere di fabbriche che vomitano il loro fumo nei cieli di Paperopoli e scaricano i rifiuti tossici nelle acque del porto o del lago Eerie. Così costringono Qui, Quo e Qua a indossare delle tute protettive per fare il bagno senza essere aggrediti dalla fauna nutritasi di scorie velenose.

Gli epigoni: i cartoon Warner Bros

daffy duck
Ma mentre Paperino furoreggia sullo schermo, anche altri studi di animazione vengono influenzati più o meno consapevolmente dal suo modo di fare, e spingono il pedale della lunaticità ancora più a fondo.
La Warner Bros, tramite il geniale Tex Avery, crea il papero nero Daffy Duck, bizzarro, svitato, offensivo, rotto ad ogni bassezza.
Come altri personaggi dello studio (primo fra tutti Bugs Banny), Daffy mostra talvolta una certa ambiguità sessuale, fa uno spogliarello che fa mormorare i benpensanti e bacia profondamente gli avversari che ha appena preso in giro in segno di estremo affronto.
Quando poi, per sbaglio, finge di covare un uovo e si siede sullo spuntone di metallo di un pomello da porta, non si scompone più di tanti; anzi, ripetendo il suo celebre verso:”Uhu! Uhu! Uhu!””, regala agli spettatori un’espressione beata.
Sia Donald che Daffy Duck incarnano, per i loro rispettivi studi, il tipo di personaggio che Preston Blair, in un suo famoso saggio sull’animazione, definisce screwball, svitato. Dopo l’epopea degli eroi senza macchia e con scarsa paura (i Douglas Fairbanks del disegno animato) è adesso il momento d’oro degli scapestrati come Paperino. Lo stesso Bugs Bunny, che però è una lepre (o un coniglio, secondo le esigenze), ne fa parte.
E Walter Lantz, nel 1940 in cui anche anche Bugs, crea il picchio Woody Woodpecker (Picchiarello): uno scocciatore assai simile a Daffy sia nel ruolo che nella voce fornitagli dallo stesso Mel Blanc che l’aveva appunto data in prestito all’anitra nera della Warner Bros.
Folle, brutto d’aspetto, rumoroso, parassita, il Woody Woodpecker degli esordi è comunque più appariscente dei colleghi screwball, che lo hanno preceduto. Nati al tempo del predominio del bianco e nero, risentono di una carenza cromatica che finalmente Woody Woodpecker può permettersi di superare: il suo costume rosso, blu e giallo è infatti uno dei più belli fra quelli assegnati ad un eroe del disegno animato; Ah, se solo i neri Topolino, Daffy, Bosko e Bimbo fossero nati qualche anno più tardi!

La pesante eredità “paperinesca”

Alla Metro Goldwin Mayer la paperinità più sfrenata viene concentrata in molti personaggi creati da Tex Avery nella migliore fase della sua attività di animatore e regista. Ma uno fra tutti, che non per caso porta il nome di Screwy Squirrel, ci dà dentro di brutto. Spacca, distrugge, ruba, saccheggia, non si ferma davanti a nessuna efferatezza, è il vero contraltare dei tranquillizzanti Cip e Ciop disneyani; e sa di esserlo, dato che la sua stessa nascita avviene sotto il segno della distruzione di quel clima trasudante melassa di certe Silly Sumphonies piene di fiorellini, uccellini e piccoli mammiferi delicati.
Adesso che Paperino ha compiuto trionfalmente il suo sessantesimo compleanno, se anche le storie a fumetti degli ultimi decenni lo hanno allontanato da quella paperinità selvaggia con cui lo abbiamo conosciuto agli esordi, è interessante riscoprirlo come massimo interprete di quella vena di follia e disfattismo che gli avevano regalato i vari Jack King, Jack Hannah, Jack Kinney o Carl Barks, che pure si è occupato di lui come story man ai tempi dei suoi disegni animati.
La nuova posizione sociale del papero in divisa da marinaio è adesso quella di un membro della classe media (o appena sotto la media) alle prese con la irrefrenabile smania di conquista di suo zio, e che di quando in quando compie con scarso successo qualche incursione nel terziario cimentandosi con scarso successo nelle più diverse attività lavorative.
paperoga
Da tempo, lui stesso come già Topolino, ha consegnato il testimonial dell’animo screwball ad altri pennuti: al pazzo Aracuan nei disegni animati e ai cugini Paperoga e Sgrizzo nei fumetti.
Chissà a chi lo passeranno anch’essi di nuovo, quando si ritireranno a vita privata a loro volta nelle loro confortevoli residenze di paperi americani assegnati ed autocontrollati. Chissà quale nuovo papero nascerà per torturarli a loro volta.

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