Di Benito Jacovitti ho già parlato in un articolo a lui dedicato, ma talmente vasta è la sua produzione artistica che se mi fossi soffermato sui singoli personaggi da lui creati sarebbe venuto fuori qualcosa o di terribilmente lungo o di terribilmente illeggibile.
Al suo Pinocchio però voglio dedicare una pagina a parte, perché di tutti i Pinocchi che da Collodi ad oggi l’umanità ha concepito, quello di “lisca di pesce” rimane impresso nella memoria, anche fra i meno vicini al mondo del fumetto e che non conoscono Jacovitti.
Il Pinocchio di Collodi e gli illustratori anteguerra
La fiaba di Collodi nasconde, nella semplicità del suo linguaggio, un universo di significati che a distanza di quasi 150 anni dalla sua prima pubblicazione rende la sua reinterpretazione facilissima e al tempo stesso complicatissima. Facilissima perché qualsiasi punto di vista, anche il più moderno, può con un po’ di immaginazione trovare consensi nel lettore – se si tratta di un libro – o nel pubblico, se stiamo guardando un film. Difficilissima perché una storia così aperta e fantasiosa concede il fianco alle peggiori schifezze, dove il limite è solo il cattivo gusto: un limite che non esiste quindi.
Centinaia di artisti in Italia e nel mondo hanno rivisitato l’opera, interpretandola ciascuno a suo modo. Collodi stesso, che pubblicò la prima parte della favola nel 1881 su “Il giornale dei bambini” (“storia di un burattino”), inizialmente neanche aveva in mente di farne un romanzo di formazione: voleva che Pinocchio morisse impiccato. Ciò forse non sembrò troppo “formativo” all’editore o al pubblico, fatto sta che poi corresse il tiro e la fiaba si conclude come tutti la conosciamo.
L’immagine del burattino (che gli esperti pupari dicono in realtà essere una marionetta) con il lungo naso e il cappello a punta è fra le più popolari della letteratura, lanciata dai primi illustratori anteguerra che ne hanno tracciato il canone.
La prima edizione in volume è quella edita da Paggi nel 1883, con illustrazioni di Mazzanti.
Successivamente Attilio Mussino, nel 1911, illustrò il suo Pinocchio per la casa editrice Bemporad. Il Pinocchio Animato di Mussino (ed. Franceschini) e quello animato di Albertarelli (ed. Cavallo) sono fra i libri più amati dai collezionisti.
Nel periodo anteguerra tanti illustratori hanno rivisitato la fiaba, chi dando risalto alla sua essenza di burattino di legno (Mussino, Mosca, Faorzi, Accornero), chi suggerendo la natura di giovane fanciullo del personaggio, operazione condotta con maestria (e un pizzico di ruffianeria) da Walt Disney nel suo lungometraggio di animazione ma anche da Orsi (ed. Conti) o Galleppini per Nerbini (il Galep di Bonelli). Sul finire della seconda guerra mondiale, anche Jac proporrà la sua visione del burattino.
Il Pinocchio di Jacovitti, edizioni e caratteristiche
La prima edizione è del 1943, editrice “la scuola”. Non si tratta ancora di un fumetto, bensì di illustrazioni a commento della fiaba. Questa prima versione ha la particolarità di essere a tiratura limitata.
Trovate il numero dell’esemplare a chiusura del volume.
Editrice la scuola negli anni ha continuato a ristampare l’opera, fino ai giorni nostri: meritevole di notazione l’edizione discografica del 1971, in 5 dischi vinile sceneggiati da Gianni Floriani con le musiche di Bartolomei.
Fra il 46 e il 47, sugli albi del Vittorioso della cattolicissima editrice AVE esce una seconda versione, questa volta interamente a fumetti e tutti realizzati da Jac. Questa è la chiave di volta, l’opera cambia radicalmente, da libro illustrato diventa fumetto e nel 1964 vede la luce l’ultima versione, forse la più nota al grande pubblico. L’editore è il medesimo, ma il volume è più grande e misura 320×240, un bel librone con gli originali e deliranti disegni del maestro a piena pagina. A distanza di circa cinque anni lo stesso volume viene ristampato dai Fratelli Spada:
grafica e dimensioni rimangono sostanzialmente uguali, in copertina vediamo il burattino aggrappato all’iniziale del suo nome.
Del 1992 è l’ultima versione stampa alternativa / nuovi equilibri.
Conclusioni, valutazioni e mito
Oggi la fiaba di Pinocchio è stata sviscerata, riadattata, rivoluzionata da artisti molto o poco capaci. Dalle celebri “pinocchiate”, ai fumetti erotici con protagonista il burattino di legno e le fiction in TV (in Italia gode imperitura fama lo sceneggiato di Comencini). Anche autori cinematografici come Roberto Benigni e Guillermo Del Toro hanno portato sul grande schermo la loro personale visione di questa favola senza tempo. Queste operazioni, alcune delle quali sicuramente ben riuscite, possono essere viste anche come un lascito dell’artista molisano a tutti gli artisti che sono venuti dopo di lui. Jac ha rivoluzionato l’immagine classica dell’opera di Collodi. Con il suo stile irriverente e ambiguo, caratterizzato da ometti goffi e paesaggi solcati da cetrioli e salami sospinti dal vento o dalla illogica follia, è stato tra i primi a inventarsi un “suo Pinocchio”. E l’ha fatto in un periodo delicatissimo.
Per questo motivo il suo successo resta immutato a distanza di quasi 80 anni. Le case editrici ripropongono il connubio Jacovitti Pinocchio perché al pubblico piace. Chiunque volesse apprezzarlo può acquistare le nuove edizioni in libreria, senza necessariamente avventurarsi nell’insidioso mercato dell’usato. Chi desidera invece una testimonianza originale dell’epoca può acquistare la versione dei fratelli Spada, al costo orientativo di 40 – 50 euro.