Se sei stato bambino fra gli anni 80 e 90 non puoi non ricordare Uan, Five, Four o Ambrogio, i veri “conduttori” del contenitore pomeridiano per ragazzi Bim Bum Bam, che insieme ad altri volti noti – in carne e ossa – entravano nelle nostre case a distrarci fra un compito di matematica e una poesia da imparare a memoria. Anche se personalmente non ci pensavo neanche per scherzo a considerarli soltanto pupazzi, i nostri simpatici amici prendevano vita grazie al talento e al lavoro degli animatori del gruppo80, Enrico Valenti, Kitty Perria, Donatella Sturla e molti altri artisti che si sono avvicendati nel corso degli anni, alcuni di loro purtroppo non più fra noi, ma che hanno dato un importante contributo alla crescita del gruppo. Io ho avuto il piacere di incontrare Enrico Valenti nella sua casa / laboratorio e lui è stato così gentile da rispondere alle mie domande sugli anni di Bim Bum Bam, il suo lavoro e naturalmente su Uan, il pupazzo a cui maggiormente ha legato il suo nome. Ci tengo a ringraziare Enrico e Donatella per la loro ospitalità, la disponibilità e la pazienza avuta (soprattutto nel convincermi che Uan non era un essere vivente reale).
Come e quando hai iniziato a collaborare con Fininvest e Silvio Berlusconi?
Io provengo dal cosiddetto teatro di figura, il mio mondo è l’animazione di figure animate, non di cartoni. Avevo una formazione di tipo artistico. Ho però avuto la fortuna di partecipare a un’epoca, gli anni 80, in cui il mercato della televisione commerciale si stava affermando. Ho mosso i primi passi in teatro e poi insieme a Kitty Perria – con cui formavo il gruppo 80 – sono passato alle piccole produzioni televisive per Teleradio Reporter e Antenna 3.
Poi, quasi casualmente, abbiamo fatto avere a Tele Milano 58 – che sarebbe diventata Canale 5 – alcune cassette dei nostri lavori, che oggi verrebbero considerati molto ingenui. Contrariamente a ogni aspettativa venimmo contattati da Silvio Berlusconi che ci chiese di realizzare la Mascotte di canale 5, partendo da un’immagine pubblicitaria, il famoso serpentone / biscione (il drago di Milano). Siccome intuimmo le grandi potenzialità del progetto dicemmo di si, e così nacque Five.
Ricordi il vostro primo provino con Berlusconi?
Si, a febbraio del 1981 andammo a Milano 2. Quel giorno con noi c’era anche Marco Columbro che avrebbe dovuto prestare voce a Five. Non avevamo programmato nulla, lui era imbarazzatissimo e quando Berlusconi gli chiese di esibirsi fu costretto ad improvvisare, senza avere alcun testo pronto. Venne coadiuvato da Augusto Martelli che si era messo al piano. L’esibizione fu comunque molto divertente e noi capimmo di aver fatto colpo su Berlusconi perché anche lui rideva di gusto!”
Bim Bum Bam e Uan invece nascono praticamente insieme.
Bim Bum Bam nasce dall’esigenza di Berlusconi di diversificare il palinsesto. Canale 5 sarebbe stata la nave ammiraglia, dove trasmettere i programmi più iconici. Però si percepiva un certo interesse da parte dei giovani e dei bambini per i cartoni animati e le fiction. Occorreva un contenitore dedicato e venne identificata e acquisita l’emittente Antenna Nord di Edilio Rusconi.
Su Antenna Nord andava già in onda un Bim Bum Bam condotto da Marina Morra, Paolo Bonolis e Sandro Fedele. Del trio venne confermato soltanto Bonolis. Noi lo incontrammo, insieme ad Alessandra Valeri Manera e ci venne richiesto di realizzare una nuova mascotte per questo nuovo programma. In quel periodo avevamo un’amicizia con Francisco Boserman, per intenderci il regista che ha portato Raffaella Carrà in Spagna. Una volta eravamo insieme a cena e gli chiedemmo consiglio. Lui ci rispose: “perché non fate un cane?”
e noi: “si, bene, facciamo un cane.” Poi però pensammo. “Un cane: ma di che colore lo facciamo?” Si da il caso che avessimo un po’ di pelo rosa da parte in laboratorio e provammo questo esperimento, un cane rosa. Nacque così il primo Uan, di un rosa un po’ screziato. Lo presentammo ad Alessandra dicendole che il colore era soltanto provvisorio e avrebbe potuto essere modificato ma lei pensò di proporlo così a Berlusconi, il quale lo fece vedere a sua volta ai figli e alla zia suora. Se piaceva a loro piaceva a tutti. Così fu.
La prima puntata venne messa su con grande difficoltà. Non si trovava una voce adeguata per Uan, la regia era da rivedere. Così consultammo ancora una volta Francisco Boserman che fece la regia della prima edizione e ci presentò Giancarlo Muratori, la prima storica voce di Uan. A quella prima edizione, insieme a Bonolis, partecipò anche Licia Colò in qualità di conduttrice. Licia poi sarà sostituita da Manuela, che noi avevamo incontrato per un provino per Five e che all’epoca avevamo scartato.
Che ricordi hai di quegli anni e dei personaggi che hai conosciuto?
Anni formidabili. Tutto era nuovo, noi avevamo carta bianca. Potevamo inventare, non avevamo i vincoli che hanno oggi gli animatori. Abbiamo avuto modo di conoscere tante persone: tutti i registi come Stefano Vicario, Maurizio Pagnussat, Davide Rampello. Abbiamo bevuto il caffè con Alain Delon, conosciuto Raimondo Vianello, lavorato con Mike che forse era una persona a tratti fredda ma un grande professionista. Abbiamo conosciuto Corrado, anche lui un signore e un grande professionista.
C’era anche una giovanissima Cristina D’avena
Cristina D’avena era una scoperta di Alessandra Valeri Manera, che era anche autrice delle sigle. Abbiamo lavorato con lei agli inizi della nostra carriera. Quando registrammo la sigla di Five, era lei a cantarla. Era seguita a vista dalla famiglia perché era ancora piccolina. Successivamente Stefano Vicario la lanciò all’interno delle fiction tratte dai cartoni animati, come Kiss Me Licia. Noi la incontravamo sporadicamente, ma non avevamo un grande rapporto di amicizia. non eravamo nemici, ma il rapporto è rimasto sempre abbastanza formale. L’ho rivista recentemente a un evento a Bolzano e in quell’occasione è stata molto espansiva, sono rimasto sorpreso. Però durante gli anni di Bim bum Bam Alessandra Valeri Manera ci teneva a mantenere separati il reparto della produzione da quello delle musiche. Questo faceva si che i due mondi non comunicassero molto e si manteneva una certa neutralità.
C’è qualcosa che hai dovuto fare, nell’ambito del tuo lavoro, di cui oggi hai un po’ vergogna o di cui ti penti?
Chiunque di noi ha delle cose nel proprio passato che forse vorrebbe dimenticare. Se vogliamo rimanere nell’ambito dell’animazione, pur senza vergognarmi come un ladro, ci sono alcuni spot di cui non vado molto fiero. In quegli anni vi fu un tentativo governativo di mettere un freno allo strapotere mediatico di Berlusconi. Tutto lo staff artistico, tutto, compreso il pupazzo Five, si prestò a questi spot volti a denunciare un ipotetico clima di censura. In uno di questi apparve Five con un bavaglio. Tuttavia, quella che veniva dipinta come una certa censura, all’interno di un sistema costituzionale, quindi parliamo di legge, penso fosse un metodo per controllare lo strapotere dell’informazione. Con questo non voglio disconoscere i meriti di Berlusconi, perché io devo a lui e all’emittente gran parte del mio successo. Però è altrettanto vero che, per quanto tutto sia possibile, non tutto è concesso.
Quanto tempo sei rimasto “dentro” Bim Bum Bam?
Fino al 2000. Però gli ultimi anni facevo le telepromozioni. Già nel ’94 avevo percepito che le motivazioni e lo slancio dei primi anni non c’erano più.
Dopo la chiusura di Bim Bum Bam hai preso un po’ le distanze dal mondo dello spettacolo. Pensi che a conclusione del programma ci sia stata dell’irriconoscenza nei tuoi confronti oppure tutto è andato semplicemente così, come doveva andare?
Bisogna fare una considerazione. Se cominciamo a parlare di riconoscenza stiamo facendo un discorso di tipo emozionale e ciò lascia il tempo che trova. Perfino Mike Bongiorno si sentì tradito da un punto di vista umano, al termine del suo contratto, quando Berlusconi non lo chiamò più. Io avevo capito come funzionavano queste cose qui, non mi sono sentito tradito. Io sono rimasto deluso dalle persone, più che tradito. Molte persone che fino a qualche giorno prima, siccome tu godevi di un certo credito, ti davano una certa importanza, improvvisamente non ti conoscevano più, per loro non eri più nessuno. Io sicuramente sono un uomo orgoglioso, che ha mille difetti, però non sono un cortigiano e neppure un mendicante. E piuttosto mi lecco le ferite da solo. Io ho sempre amato il mio lavoro, che non è mai stato quello di apparire sulla scena ma di costruire e creare. Non mi sono mai curato molto delle cosiddette pubbliche relazioni.
Adesso però assistiamo a questo revival degli anni 80 e degli anni 90. Eventi, incontri, gruppi nostalgici che proliferano sui social. Sembra che gli adulti abbiano bisogno di respirare di nuovo l’atmosfera di quegli anni. Quindi anche il tuo nome è tornato alla ribalta: si parla di Uan, di te e del gruppo 80.
Non posso certamente dire di essere infastidito. A chi non fa piacere di essere ricordato e di godere della stima di tante persone? La cosa però mi ha sorpreso. Perché per me questo era il mio lavoro. Non dico che fosse un lavoro ordinario, ma non pensavo significasse così tanto. Avrei dovuto intuire dal numero di letterine che arrivavano nello studio la portata del fenomeno Bim Bum Bam. E quindi adesso, tutti questi bambini che mandavano le letterine, sono diventati grandi. E come sempre capita a tutte le generazioni, ogni generazione di adulti ricorda con affetto gli anni della propria infanzia.
La cosa curiosa è che forse mi conoscono più oggi che allora. Prima c’era il gruppo 80, ma io e Kitty stavamo principalmente dietro le quinte. Adesso possono sentire dalla mia voce il ricordo di quegli anni e vedere la mia faccia.
I vostri pupazzi sono il simbolo della televisione per bambini degli anni 80/90 e come ben sai sono divenuti oggetto di culto. Esiste un “Uan originale?” ancora in circolazione
Allora, una cosa che forse molti ignorano, è che non esiste un pupazzo che crei nel 1981 e nel 2000 è ancora lo stesso, tale e quale. Succede ciò che avviene anche con le macchine, che dopo un po’ di tempo certi pezzi si deteriorano e devi sostituirli. Allo stesso modo noi nel corso degli anni abbiamo sostituito un sacco di pupazzi. Perché si rompevano, si sporcavano, ci infilavamo le braccia dentro, si consumavano. La testa di Uan non potevi metterla in lavatrice, la usavi finché reggeva ma la gommapiuma non dico che marcisse ma poco ci mancava. Per cui noi ne costruivamo sempre di nuovi, cambiavamo dei componenti e li rinnovavamo. Penso che fino alla chiusura di Bim Bum Bam ne avremo realizzati una quarantina. Oggi si contano sulle dita di una mano quelli sopravvissuti. Ma se mi chiedi di pensare al primissimo Uan, doveva essere in condizioni talmente pietose che l’avremo buttato nella spazzatura già negli anni 90.
Mi racconti questa losca vicenda dei pupazzi rapiti?
*ride*
Con lo scioglimento del gruppo80 ci siamo trovati a dire:“Adesso che ne facciamo di tutta questa roba?”
Perché avevamo una scatola con dentro tanti Uan e tanti pupazzi ancora comunque in condizioni accettabili, e sull’onda della disperazione non sapevamo che farne. Una delle ipotesi era quella di buttare via tutto. Io invece ho avuto uno scrupolo, ho mosso qualche conoscenza e ho parlato con un professore della scuola Paolo Grassi di Milano dicendogli che avevamo i pupazzi apparsi in onda su Bim Bum Bam. Lui era un esperto di storia dell’animazione e mi disse che stavano per aprire il museo del burattino di Parma, intitolato a Giordano Ferrari. Mi consigliò di fare una donazione, ma il museo non era ancora attivo. Quindi mise a disposizione uno spazio a casa sua per tutto il materiale, in attesa di poterlo esporre. Siccome era consapevole che i pupazzi avevano un valore, Mise in una teca della scuola Paolo Grassi di Milano un Four un Uan e un Five. Morale della favola: una notte qualcuno si è introdotto e li rubò. Ma non erano i tre pupazzi capostipiti. Erano tre pupazzi originali, come tanti altri che avevamo fatto.
Tu hai continuato la tua attività, Realizzi ancora occasionalmente alcuni pupazzi.
Realizzo ancora delle riproduzioni per collezionisti, a richiesta. O faccio consulenze. Io però resto un pensionato, indipendentemente dalla condizione felice o infelice che sia. Quello che mi rammarica è che oggi non c’è la possibilità di recuperare materiale di qualità.
Cerco di utilizzare il peluche di miglior qualità possibile, ma il pelo vecchio non c’è più. Le leggi europee hanno stabilito che quel pelo era pericoloso per i bambini. Oggi creare dei giocattoli è molto complicato.